I rapporti esistenti tra attività fisica e malattia coronarica costituiscono un problema di rilevante importanza, sia per il massiccio incremento verificatosi nel numero dei praticanti sport attivo che per l'altra incidenza delle coronaropatie.
Queste malattie sono ormai infatti responsabili, soprattutto nei paesi industrializzati, di un numero di decessi valutabile in alcuni milioni annui (quasi 700.000 solo negli USA stando ai dati più recenti), con netta prevalenza nei maschi rispetto alle femmine. Nel 20-25 % dei casi sono colpiti individui di età compresa tra i 35 e i 60 anni, quindi in piena attività produttiva; in Italia, secondo rilievi recenti, sono circa 60.000 all'anno le morti dovute a coronaropatia, metà delle quali imputabili a cardiopatia ischemica silente.
Sono oggi ben noti i fattori concausali esistenti tra i fattori genetici, socio-ambientali, nutrizionali e biochimici e sviluppo della malattia coronaria; la dieta eccessivamente ricca in calorie e grassi saturi, il sovrappeso corporeo, il fumo di sigaretta, la scarsa attività fisica, gli stati dismetabolici, l'ipertensione arteriosa e lo stress svolgono un ruolo importante, unitamente a fattori biologici di base come il sesso e l'età.
Gli studi sull'argomento hanno dato vita ad una copiosa letteratura per il diffuso interesse sia a livello cardiologico sia a livello medico-sportivo, con particolare riguardo ai suoi riflessi sulla prevenzione. Possiamo distinguere:
Mentre oggi è ormai generalmente accettata l'esistenza di precise correlazioni tra i fattori di rischio già ricordati e l'incidenza di coronaropatie, più difficili da stabilire sono i rapporti tra la attività sportiva e malattia coronarica. Vari autori hanno potuto stabilire, per mezzo di studi controllati, una correlazione positiva tra costanza nella pratica della attività sportiva e durata della vita, arrivando ad affermare che la pratica costante e regolare dell'attività fisica non solo migliora, ma addirittura allunga la vita.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha ripetutamente ribadito che la attività fisica, pur non potendosi ritenere fattore esclusivo o primario nella prevenzione delle coronaropatie, riveste tuttavia una notevole importanza. Questo a condizione che tipo, intensità, durata e frequenza dell'esercizio fisico, interessi globalmente strutture e funzioni cardiocircolatoria, respiratoria e muscolare e sia opportunamente adattato all'età, al sesso ed alla condizione fisica del soggetto, evitando eccessi pericolosi.
Il tutto associato anche ad uno stile di vita igienico, basato sul controllo dei fattori di rischio di ordine clinico e metabolico, nonché igienico-comportamentale.
Esiste per altro anche il rovescio della medaglia e cioè: può l'attività fisica essere causa primaria di emergenza coronarica? Per rispondere è necessario valutare attentamente tutti i possibili rischi derivanti dalla pratica di una attività fisica, specie se di tipo agonistico. Indagini retrospettive su soggetti di sesso maschile in età media ed avanzata colpiti da infarto miocardico, hanno rilevato che circa un quarto degli episodi morbosi erano associabili all'attività fisica strenua, o addirittura manifestamente provocati dalla stessa: erano rappresentati i più svariati tipi di attività fisica, dalla semplice deambulazione al jogging e agli sport di potenza. Una più attenta valutazione dei dati ha però dimostrato l'esistenza frequente di cofattori importanti come le avverse condizioni ambientali (caldo e freddo eccessivi), la preesistenza di stati morbosi sottostimati come una infezione virale o sintomi premonitori di angina; inoltre l'attività fisica praticata risultava, non raramente di notevole intensità, infine l'agonismo poteva avere spinto il soggetto ben oltre i limiti delle sue reali possibilità.
Per tale motivo la letteratura medico-sportiva più recente, si è ampliamente dedicata a questo problema: attualmente si ritiene che anche soggetti in seconda o terza fascia di età, senza evidenza di patologia coronarica, possono praticare attività sportiva di tipo agonistico senza andare incontro ad un aumento del rischio coronarico, è chiaro che ciò potrà avvenire solo dopo attenta e qualificata valutazione medico-sportiva dell'idoneità e dell'efficienza fisica.
L'attività sportiva dovrà riguardare discipline congeniali e richiedere carichi di lavoro (allenamento e gare) qualitativamente e quantitativamente adeguati; risulta infatti evidente che l'incidente coronarico occorre, con prevalenza significativa, negli sportivi occasionali di età media e avanzata, portatori di roronaropatia latente o comunque di alterazioni arterosclerotiche, i quali, iniziata la pratica sportiva solo con intenti igienico-ricreativi, la continuano in seguito con atteggiamenti francamente agonistici.
La legislazione italiana, in materia di tutela sanitaria delle attività sportive, prevede a tal fine, per tutti coloro che intendono praticare o praticano attività sportiva a livello agonistico, l'obbligo di sottoporsi annualmente ad una visita di idoneità "specifica" (da distinguere dalla idoneità "generica" riguardante la pratica sportiva non agonistica), basata su indagini precise di ordine clinico e strumentale (Tab. 1)
Indagini clinico-strumentali per valutazione idoneità sportiva agonistica:
In conclusione, la pratica dello sport nelle discipline più disparate, anche a elevati livelli agonistici, non presenta nel soggetto giovane e sano alcun problema dal punto di vista del rischio coronarico; nell'età media e avanzata devono essere tenute nel debito conto le variazioni morfo-funzionali legate al volgere degli anni e particolarmente attenta dovrà essere la valutazione del rischio strettamente commisurato alla disciplina sportiva praticata le cui caratteristiche tecniche dovranno essere ben note al medico esaminatore.