Fonti: Tutto Giappone Testi autorizzati dall'autore C. Suriani
I 47 ronin
I fatti si svolsero nei primi anni del XVIII secolo, in piena era Tokugawa, Come ogni anno l’Imperatore – in quel periodo sul trono sedeva l’Imperatore Higashiyama - mandò dei rappresentanti ad omaggiare lo Shogun ad Edo – l’odierna Tokyo.
Tokugawa Tsunayoshi - lo Shogun di quesgli anni – incaricò alcuni Daimyo – signori feudali – di preparare il ricevimento sotto la supervisione di un alto funzionario, Kira Yoshinaka, che aveva il compito di istruirli nell’etichetta di corte. Com’era d’uso i Daimyo dovevano fare dei regali a Kira per ringraziarlo delle sue fatiche.
Il regalo di Asano Naganori, però, non venne ritenuto sufficiente dal funzionario shogunale che, per vendicarsi dello sgarbo, cominciò ad insultarlo e a renderlo ridicolo in pubblico.
Asano, dopo l’ennesimo insulto, perse la pazienza e, estratto un pugnale, colpì Kira ferendolo sulla fronte. L’attacco venne portato all’interno del palazzo dello Shogun e questo rappresentava, quindi, una colpa molto grave a cui i due contendenti dovevano rispondere. Kira venne perdonato, ma su Asano si concentrò l’ira dello Shoguna: il suo feudo venne confiscato, il fratello posto agli arresti domiciliari e ad Asano, unica soddisfazione, venne concesso di andarsene onorevolmente mediante il seppuku, I samurai dell’esercito di Asano, circa 300, perdendo il loro signore, divennero dei ronin.
Discussero su cosa fare e alla fine si dispersero abbandonando il castello di Ako, nell’odierna prefettura di Hyogo.
Oishi Kuranosuke e un gruppetto di ronin, invece, giurarono che si sarebbero vendicati di Kira Yoshinaga. Intanto Kira, temendo infatti una qualche vendetta, si circondò di guardie del corpo e per Oishi e i suoi compagni avvicinarlo era pressoché impossibile. Il gruppo di ronin decise quindi di dividersi e di rimandare la vendetta ad un momento più opportuno. Ognuno andò per la sua strada: c’era chi diventò mercante, chi monaco, chi artigiano, chi aprì una scuola di arti marziali.
Diedero tutti l’impressione che ormai la vendetta fosse l’ultimo dei loro pensieri. Oishi divorziò dalla moglie – per proteggerla in caso di rappresaglia dopo l’azione -, cominciò a frequentare bordelli e taverne e presto si guadagnò la fama di gran bevitore. La leggenda racconta che Oishi, di ritorno da una di queste bevute, ubriaco fradicio, cadde sulla strada senza riuscire più ad alzarsi. I passanti lo presero in giro e di lì passò anche un samurai del Satsuma che, vedutolo, lo insultò e colpì per il discredito che stava arrecando alla gloriosa casta dei samurai.
Naturalmente tutti questi comportamenti facevano parte di un piano che aveva, come ultimo fine, la vendetta finale. Lo scopo era quello di distogliere da loro l’attenzione di Kira e delle sue spie. Kira, in effetti, rassicurato dal comportamento dei ronin di Asano, allentò l’attenzione e congedò l’esercito di guardie del corpo che lo circondava pensando che ormai da quel gruppetto di ronin non ci fosse più niente da temere.
Nel Dicembre del 1702 il gruppo di 47 ronin cominciò i preparativi per la vendetta: si riunirono, rifecero il giuramento, ammassarono armi e armature.
Il giorno dell’attacco alla residenza di Kira Yoshinaga, il 14 di Dicembre 1702, si divisero in due gruppi: uno, sotto il comando di Oishi, avrebbe attaccato il portone principale, l’altro, guidato dal figlio Chikara, sarebbe entrato dall’entrata posteriore. Il suono del tamburi avrebbe dato il via all’attacco. I ronin invasero quindi l’abitazione del funzionario dello Shogun ed ebbero facilmente la meglio sui difensori.
Dopo varie ricerche trovarono Kira nascosto in un armadio. Oishi gli offrì allora la possibilità di fare il seppuku, ma, di fronte ai suoi tentennamenti, lo uccise con lo stesso pugnale usato da Asano per togliersi la vita.
Al cadavere di Kira venne poi staccata la testa con l’intenzione di portarla sulla tomba del loro signore Asano che adesso poteva dirsi vendicato. Il corteo che arrivò al tempio di Sengakuji – dove si trovava la tomba del loro signore - comprendeva 46 ronin. Sulla sorte del 47° le fonti non sono unanime: alcune dicono che morì nello scontro mentre altre raccontano che venne mandato via dal gruppo con l’incarico di far conoscere allo Shogun, che poi lo graziò, le vicende di Oishi e del suo gruppo. Una volta reso omaggio alla tomba di Asano Nagamori, e avervi deposto la testa di Kira, il gruppo si consegnò alla giustizia dello Shogun. I ronin vennero divisi e messi sotto il controllo di vari Daimyo in attesa del verdetto che si rivelava difficile; i ronin avevano sì violato l’ordine shogunale di non procedere a qualsivoglia vendetta, ma avevano mostrato delle qualità di veri guerrieri samurai e poi la popolazione era nella stragrande maggioranza a favore di Oishi, e dei suoi 46 ronin, e pensava che Kira dovesse essere punito già al tempo dello scontro con Asano.
Alla fine Tokugawa Tsunayoshi optò per una via di mezzo; concesse al gruppo l’onore di morire tramite seppuku.
Una curiosità: un gruppetto di una decina di ronin si uccise un giardino che adesso fa parte dell’Ambasciata Italiana a Tokyo.
I 47 ronin sono sepolti, insieme al loro signore Asano Nagamori, nel tempio di Segakuji.
C’è un’altra tomba, dove, secondo la tradizione, giace quel samurai del Satsuma che insultò e sputò su Oishi ubriaco.
Le tombe sono tutt’oggi mete molto frequentate dai Giapponesi che ricordano ancora con ammirazione e affetto l’impresa dei 47 ronin. Presso il tempio di Segakuji esiste anche un museo che raccoglie indumenti, armi, armature del gruppo guidato da Oishi Kuranosuke.
Di 33 dei 47 ronin sono note l'identità e le armi:OISHI KURANOSUKE YOSHIKATSU, 45 anni, katana, wakizashi, te yari
YOSHIDA CHUZAEMON KANESUKE, 64 anni, katana, wakizashi, naga yari
HARA SOEMON MOTOTOKI, 56 anni, katana, wakizashi, te yari
KATAOKA GENGOEMON TAKAFUSA, 37 anni, katana, wakizashi, te yari
MASE KYUDAIU MASAAKI, 63 anni, katana, wakizashi, o-yumi
ONODERA JYUNAI HIDEKAZU, 61 anni, katana, wakizashi, te yari
HAZAMA KIHEI MITSUNOBU, 65 anni, katana, wakizashi
ISOGAI JYUROZEMON MASAHISA, 25 anni, katana, wakizashi, te yari
HORIBEI YAHYOE AKIZANE, 77 anni, katana, wakizashi, naginata
CHIKAMATSU KANROKU YUKISHIGE, 34 anni, katana, wakizashi, naga yari
TOMIMORI SUKEEMON MASAYORI, 34 anni, katana, wakizashi, naga yari
SHIOTA MATANOJYO TAKANORI, 35 anni, katana, wakizashi
HAYAMI TOZAEMON MITSUTAKA, 42 anni, katana, wakizashi, o-yumi
AKABANE GENZO SHIGEKATA, 35 anni, katana, wakizashi
OKUDA MAGODAIU SHIGEMORI, 57 anni, katana, wakizashi
YADA GOROEMON SUKETAKA, 29 anni, katana, wakizashi
OISHI SEZAEMON NOBUKIYO, 29 anni, katana, wakizashi, yari
OISHI SHIKARA YOSHIKANE, 16 anni, katana, wakizashi, yari
HORIBE YASUBEI TAKETSUNE, 34 anni, katana, wakizashi
NAKAMURA KANSUKE MASATOKI, età sconosciuta, katana, wakizashi, naga yari
SUGANOYA HANNOJYO MASATOSHI, 44 anni, katana, wakizashi
FUWA KAZUEMON MASATANE, 34 anni, katana, wakizashi
KIMURA OKAUEMON SADAYUKI, 46 anni, katana, wakizashi
OHIBA SABUROBYOE MITSUTADA, 51 anni, katana, wakizashi, o-yumi
OKANO KINUEMON KANEHIDE, 24 anni, katana, wakizashi, jyumonji yari
KAIGA YAZAEMON TOMONOBU, 54 anni, katana, wakizashi
OTAKA GENGO TADAO, 32 anni, katana, wakizashi
OKAJIMA YASOUEMON TSUNEKI, 38 anni, katana, wakizashi
YOSHIDA SAWAUEMON KANESADA, 29 anni, katana, wakizashi, naga yari
TAKEBAYASHI TADAHICHI TAKASHIGE, 32 anni, katana, wakizashi, naga yari
KURAHASHI DENSUKE TAKEYUKI, 34 anni, katana, wakizashi
HAZAMA SHINROKURO MITSUKAZE, 24 anni, katana, wakizashi, te yari
MURAMATSU KIHEI HIDENAO, 62 anni, katana, wakizashi, naga yari
Katana: spada lunga:
Wakizashi: spada corta:
Yari: lancia (Jyumonji yari, Naga yari, Te yari, vari tipi di lancia di lunghezze differenti e dai differenti tipi di punta).
Naginata: alabarda.
O-Yumi: arco lungo e asimmetrico.
Ogni anno il 14 Dicembre, nel tempio di Sengakuji – dove si trovano le tombe dei 47 ronin -, si svolge un festival che attira migliaia di visitatori che vengono per pregare su queste tombe.
Tuttora in Giappone c’è un grande rispetto e ammirazione verso questo gruppo di samurai per la nobiltà del loro gesto, la perseveranza con cui hanno raggiunto il loro scopo, la lealtà che hanno dimostrato verso il loro padrone ed infine per il loro sacrificio finale.
Per queste ragioni non deve stupire che la storia dei 47 ronin fosse particolarmente apprezzata dalle gerarchie militari negli anni ’30 e ’40. Molti hanno anche considerato questa vicenda come un perfetto esempio del Bushido – il codice di comportamento del perfetto samurai -, ma sono state fatte delle giustificate osservazioni su questo punto.
Lo scrittore Yamamoto Tsunetomo, autore di quell’ ”Hagakure” che è l’opera letteraria simbolo dello spirito del Bushido, ritiene che Oishi - il comandante del gruppo di ronin - fosse troppo ossessionato dalla ricerca del successo dell’azione per poterlo annoverare tra i perfetti samurai.
(Yamamoto Tsunetomo I kanji che compongono il nome Yamamoto Tsunetomo (1659-1721), samurai e autore di un fondamentale testo sul bushidou (letteralmente "via del guerriero").
Egli fu al servizio del daimyou Nabeshima Mitsushige (1632-1700) del feudo di Saga, nipote di Nabeshima Katsushige (1580-1657) e pronipote di Nabeshima Naoshige (1538-1618), valenti guerrieri e condottieri che combatterono contro il clan dei Tokugawa.
Quando nel 1700 il suo daimyou morì, Yamamoto divenne monaco buddhista col nome Jouchou e si ritirò nel monastero di Kurotsuchibaru a dodici chilometri da Saga.
Tra il 1710 e il 1716, un samurai suo allievo, Tashiro Tsuramoto, trascrisse gli insegnamenti del maestro in un testo composto da 11 volumi intitolato poi Hagakure (letteralmente "nascosto dalle foglie"). Le copie del manoscritto circolarono segretamente fra i samurai, anche dopo la morte dell'autore che ne aveva chiesto la distruzione.
Nel 1906 lo Hagakure fu pubblicato.
Purtroppo fu strumentalizzato e usato come mezzo di propaganda dai militaristi dell'epoca. L'opera di Yamamoto Tsunetomo risente dell'influenza di alcuni pensatori, fra cui il confuciano Ishida Ittei e il monaco zen Tannen.
Nonostante sia imponente l'influsso del buddhismo e del confucianesimo, per Yamamoto essi sono sempre e comunque subordinati all'autorità del daimyou e al servizio del clan Nabeshima, una prospettiva del gruppo che sarà tipica di una certa mentalità giapponese. Lo Hagakure è stato spesso letto come un'esaltazione della morte e del sacrificio.
Memorabile è la frase di Yamamoto: "Ho scoperto che la via del samurai è la morte" (Hagakure, I, 2).
In realtà l'autore non intende soltanto la morte fisica, ma soprattutto l'eliminazione dell'io tipica del buddhismo zen, quella saggezza secondo la quale "nulla è necessario".
Ma l'interpretazione nichilistica e necrofila dello Hagakure ha avuto anche eccellenti esponenti, primo fra tutti Mishima Yukio. Nella visione di Mishima è la morte che fornisce un senso alla vita, così come per Yamamoto è il "samurai che è sempre pronto a morire a padroneggiare la via". )
Per il Bushido non c’è differenza tra vittoria e sconfitta, ma, quello che conta, è il coraggio, la nobiltà di chi compie l’impresa. Secondo Yamamoto la vendetta doveva essere tentata subito, immediatamente dopo la morte di Asano, anche se questa avrebbe potuto portare ad una quasi inevitabile sconfitta.
Oishi aveva messo in piedi un piano che solo dopo un anno portò al compimento della vendetta: un tempo troppo lungo.
Yamamoto si fa una domanda: cosa sarebbe successo se Kira Yoshinaka fosse morto di malattia dopo pochi mesi dalla morte di Asano ? I ronin non avrebbero mai portato a termine la vendetta e sarebbero passati alla Storia come un gruppo di ubriaconi che, invece di vendicare il loro padrone, sono diventati mercanti, sacerdoti, si sono messi a bere e andare a prostitute: un comportamento inconcepibile per un samurai. Altro punto controverso riguarda gli ultimi giorni del gruppo di ronin; un vero samurai, dopo aver compiuto la vendetta, e dopo aver reso omaggio alla tomba del loro signore, si sarebbe ucciso senza tentennamenti.
Invece Oishi e i suoi hanno aspettato la sentenza dello Shogun quasi che sperassero in una punizione mite, di rimanere in vita. Il samurai non ha paura della morte, anzi: una morte per seppuku è un onore a cui tutti i guerrieri dovrebbero aspirare. La prigionia, la fuga, la resa sono inconcepibili per un samurai, fonte di alto disonore per lui e per la sua famiglia: molto meglio il suicidio da uomini liberi piuttosto che anni passati in carcere. Comunque, nonostante questa diatriba, la popolarità dell’impresa dei 47 ronin – ancora oggi – è molto alta.
Non si contano le rappresentazioni teatrali, televisive e cinematografiche incentrate sulla storia di Oishi e dei suoi: una storia ricca di fascino, pathos e di valori nobili che hanno da sempre fatto presa sui Giapponesi.